Valvola aortica: patologia e trattamento

Che cos’è?
La stenosi valvolare aortica è la prima patologia delle valvole cardiache per incidenza nella popolazione occidentale. Si tratta più frequentemente di un processo degenerativo della valvola che regola il flusso di sangue tra il cuore e il resto dell’organismo. Per “stenosi” si intende una riduzione della capacità di apertura della stessa, che può essere sia la conseguenza dell’invecchiamento che, meno frequentemente, di una condizione già presente alla nascita. Per tale ragione i pazienti più colpiti hanno un’età compresa tra i 70 e 80 anni.

 

Quali sono i sintomi?
I sintomi principali sono la sincope (improvvisa perdita di coscienza), il cardiopalmo (sensazione di battito cardiaco accelerato), l’angina (vale a dire un dolore toracico spesso costrittivo e/o angosciante), la dispnea (affanno da sforzi di entità progressivamente minore). Quando presenti, sono quasi sempre indice di severità della patologia e dell’aumentato rischio di morte e scompenso cardiaco progressivo.

 

Come si diagnostica?
All’auscultazione del cuore si apprezza un soffio rude. Può essere utile eseguire un elettrocardiogramma in cui si può evidenziare la conseguenza dell’aumentato lavoro a cui viene sottoposto il cuore per vincere l’ostruzione che crea la valvola ammalata. L’indagine però più importante è l’ecocardiogramma, attraverso cui si può studiare la morfologia della valvola, il grado di apertura, e le conseguenze cardiache della ridotta apertura della stessa.

 

Quali sono le complicanze?
Si possono instaurare aritmie cardiache anche fatali, un progressivo scompenso cardiaco cronico, oppure una rapida stasi di sangue nei polmoni (cosiddetto edema polmonare acuto) con imminente pericolo per la vita.

 

Qual è la cura?
Il trattamento chirurgico è la sostituzione della valvola nativa malata con una protesi, che può essere meccanica o biologica. La differenza è che la prima è costruita con leghe metalliche teoricamente in grado di durare tutta la vita, ma che richiede la necessità di mantenere il sangue più fluido mediante la somministrazione di anticoagulanti, mentre la seconda è fatta di tessuti biologici animali simili ai nostri ed opportunamente trattati, che non richiedono (se non per brevissimi periodi di tempo) la somministrazione di anticoagulanti, ma che inevitabilmente degenerano in maniera lenta e progressiva nel corso degli anni.
Trattandosi inoltre di una patologia che colpisce soprattutto persone con età particolarmente avanzata e quindi spesso con associate gravi comorbidità in altri organi ed apparati, si è sviluppata nel corso degli anni una tecnica innovativa mini-invasiva, chiamata “TAVI” (transcatheter aortic valve implantation): in questo tipo di intervento – indicato dalle Linee Guida Internazionali solo per i pazienti che non sarebbero in grado di affrontare l’intervento tradizionale – procediamo attraverso un piccolo catetere introdotto nel cuore attraverso una piccola incisione chirurgica mini-toracotomica (cioè un’incisione toracica di pochi centimetri) all’impianto di una nuova protesi valvolare biologica, che viene espanda all’interno di quella nativa malata.

 

Quali sono i risultati della Cardiochirurgia Veronese?
Da alcuni anni i risultati della chirurgia coronarica sono sottoposti a continuo monitoraggio da parte del Ministero della Salute su scala nazionale, attraverso il cosiddetto “Programma Nazionale Esiti”. Dalle fonti ministeriali (di dominio pubblico), la Cardiochirurgia Veronese risulta da anni prima classificata in Veneto per numero di procedure effettuate e per mortalità risultante (quest’ultima pari all’1.3% nell’ultimo biennio, sostanzialmente stabile da anni e tra le migliori dell’intero panorama nazionale, e pari a circa un terzo di quella registrata in altri istituti regionali e nazionali).

Valvola aortica